Presentazione
La stampa di questo lavoro del prof. Carmelo Conte è stata voluta dall'Amministrazione comunale per aggiungere un altro tassello divulgativo delle risorse storico-archeologico-culturali di Casteltermini al fine di renderle fruibili ad un pubblico, che, sempre più numeroso, si affaccia verso forme di turismo culturale. A parte il valore intrinseco dell'opera, quello che qui si vuole sottolineare è l'importanza che l'opuscolo può rivestire come guida puntuale e documentata dei siti archeologici presi in considerazione: le grotte preistoriche, gli arco-soli y del tardo Impero romano, il cosiddetto "santuario" della Dea Madre sul pizzo del Calvario. Il libro, inoltre, rappresenta uno stimolo in più affinché la Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Agrigento prenda in considerazione le tre sta-tue sul pizzo del Calvario o faccia seguire un'altra campagna di scavi, sul pianoro tra Montepregiato e Monte Roveto, a quella effettuata dall'archeologa Gullì tre anni fa, che ha messo in luce una serie di vasi, attualmente a restauro presso la Soprintendenza, appartenenti sicuramente al VI-VII secolo a.C.. Le sollecitazioni fatte alla Soprintendenza da parte nostra, oltre che dalla locale Associazione archeologica — la quale ha avuto il merito precipuo della la campagna di scavi sul Montepregiato — si spera possano ottenere una solerte accoglienza, in modo anche da "tranquillizzare" il nostro esimio studioso concittadino Gaetano Di Giovanni, il quale più di un secolo fa, nella sua illuminante opera Notizie storiche su Casteltermini e il suo territorio, lamentava il fatto che gli studiosi non facessero oggetto di studio i siti e le contrade di Casteltermini di grande interesse archeologico.
frammenti del ibro
La valle del Platani
L'esistenza della piccola necropoli di Montepregiato, lascia supporre, come già affermato, la presenza nelle vicinanze d'un centro abitato. Il Platani, con i suoi terreni ricchi di sale e zolfo, costituiva un valido motivo per la nascita di cittadelle e borghi lungo il suo corso. Il fiume, navigabile fino al periodo romano, costituì nell'antichità una via di transito commerciale attraverso la quale diversi popoli si rifornivano di sale e di zolfo. I Greci lo chiamarono Halycos (salato) per la salinità che si riscontra dopo l'innesto sul suo corso del Gallo d'Oro, fiume salato perché attraversa la minierà di sale Bosco di Serra di Falco, gli Arabi, invece, Iblatabu, e successivamente Platina, dal nome d'una fortezza musulmana nominata Kalat-Iblcrtana che sorgeva sul monte Platonella, oggi monte Sara, sulla riva destra del fiume stesso. Il Platani nasce in contrada Le Piane a settentrione delle falde di Pizzo della Rondine, propaggine dei monti Gemini e Cammarata, posta tra il territo-rio di Castronovo e quello di Santo Stefano. Ha una lunghezza di 103 km, ed un bacino di 1785 kmq. Il fiume anticamente aveva una portata considerevole. Il suo regime si è ridotto dopo il cambiamento della foresta mediterranea in macchia mediterranea e a causa dei recenti invasi createsi a monte come il Fanaco le cui acque potabilizzate riforniscono i comuni di ben tre provincie. I terreni alluvionali, che si rinvengono nella pianura di fondovalle presentano uno spessore di 20 metri, confermando così la possibilità di fiume in parte navigabile. La Valle del Platani, afferma il De Miro," è uno dei territori archeologicamente più interessanti". Le prime tracce d'insediamenti umani risalgono al Paleolitico inferiore. Il ritrovamento d'una amigdala(1) " in un riparo sotto roccia nella valle del Platani", come afferma il De Miro, segna la presenza dell'uomo in Sicilia alle soglie del Quaternario. L'importanza del reperto è data dalla relazione che esso ha con la Pebble culture(2) del Nord Africa, resa possibile dall'unione della Sicilia con l'Africa nei tempi più antichi del Quaternario. La Grotta dell'acqua Ihusa presso San Giovanni Gemini ha fornito un'industria litica dell'Epigravettiano finale. Resti di villaggi dell'età neolitica, come quelli rinvenuti nei ripidi pendii della Serra del Palco a Milena, o nella Montagna Polizzello a Mussomeli, o tra gli anfratti della contrada Capreria nel territorio di Sant'Angelo Muxaro, si trovano lungo il medio bacino del Platani. L'Età del Rame è presente nella contrada Capreria, posta tra l'odierno comune di Sant'Angelo Muxaro e il Platani e nella contrada santangelese Impisu La valle, in seguito, fu abitata per molto tempo dai Sicani che, respinti dai Siculi e dai Greci, si ridussero ad occupare le zone interne ed impervie dell'Isola. Gli insediamenti, posti nei territori di Sant'Angelo Muxaro, Casteltermini, Milena, Mussumeli e Castronovo, vissero in questo contesto topografico e politico significativo. In essi si crearono quelle condizioni socia-li, economiche e politiche in cui si sviluppò la cultura di Sant'Angelo Muxaro—Polizzello. In queste terre del medio corso del Platani, ove il sale affiora nelle colli-ne che si elevano sulla sponda destra del fiume, fiorì tra il 1300 ed il 1000 a.C., il commercio con i Cretesi. I traffici e i rapporti tra Sicani e Cretesi sono confermati dalla storiografia e dalla letteratura areca. Ad Atene, nel V secolo, si rappresentavano lavori teatrali su quegrargomento come i Kamikoi di Sofocle o una commedia Kokalos di Aristofane che ne faceva la parodia. Erodoto parla occasionalmente dei rapporti che i Cretesi avevano con popoli della Sicilia e lo fa a proposito delle guerre persiane. Narrava in particolare che Minos, giunse in Sikania alla ricerca di Dedalo e trovò morte violenta a Camico. Il nome di Kokalos compare nei documenti scritti, alla fine del XIII seco-lo a.C., in lineare B e rinvenuti nel Palazzo di Nestore a Pilo e in quello di Cnosso.
Come se ciò non bastasse oggi gli scavi condotti nell'agrigentino hanno dato a profusione reperti di chiara fattura minoica. I Cretesi, avevano creato un commercio fiorente 'Che seguiva due principali vie, di traffico internazionali: a sud con l'Egitto e ad est con la Siria. I loro prodotti, gioielli, armi, lino, bronzo e rame, attraverso la Siria arrivavano a Babilonia, mentre nell'Asia Minore e nelle Cicladi giungevano dai loro empori posti sulle coste e dalle loro basi navali. Scortate da navi da guerra munite di speroni, le imbarcazioni minoiche solcavano il Mar Mediterraneo. Costituivano la flotta gestita dai signori del Palazzo. Assieme ad essa operavano intraprendenti mercanti che, per affrontare il mare aperto, allestivano le veloci pentecontoro, navi con cinquanta remi, venticinque per fiancata, forni-te d'un solo albero e vela quadrata, note a noi dalle immagini impresse sulle patere. -I-Cretesi andavano in Spagna ove avevano stabilito rapporti commerciali per l'acquisto del rame. S'addentravano nel continente europeo dalla Gallia da dove, risalendo la valle del Rodano, diffusero l'uso del rame e del bronzo. Di ritorno dalla Spagna, venivano in Sicilia e immettendosi nel Platani, si rifornivano di sale dai centri sicani posti vicino il fiume. Risalivano il fiume dalla foce nelle cui vicinanze, nella fiancata della scogliera marnosa di Capobianco vi era il porto di caricamento e la loro base: Minoa. Praticavano un vivace commercio, barattando spade, asce, lance, bacili e bellissimi vasi di ceramica con i Sicani che, come contropartita, davano cerea-li, magnifici cavalli, zolfo e soprattutto il sale, necessario per la concia delle pelli e per conservare i cibi. Lo zolfo, in particolare, doveva essere molto richiesto, essendo il "minerale divino per eccellenza, utilizzato anche nelle pratiche religiose a scopo lustrale". Molto comune nel Monte Grande, altura agrigentina, ove era un santuario della fecondità, era impiegato anche in medicina. Nella Mesopotamia, ad esempio, si mescolava con il bitume per curare le piaghe delle mani e dei piedi, malattia diffusa nell'antichità. Era contabilizzato con piccole rondelle recanti cerchi impressi o simboli numerici. Alcune di queste sono state rinvenute fortuitamente in contrada Gracella, a Sant'Angelo Muxaro(3) e sono identiche a quelle numerose trova-